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venerdì 29 marzo 2019

Ma che cosa ho di diverso?


Diritto di morire o libertà di vivere? Eutanasia o accanimento terapeutico? Autodeterminazione o alleanza? Il confronto serio e costruttivo con tutti i protagonisti del dibattito in corso passa da una condizione preliminare: intendersi sulle parole. Mario Melazzini, noto al grande pubblico per i suoi interventi su questi temi, contro una certa "bioetica laicista", più volte intervistato in TV in soprattutto in occasione del "caso Welby", è malato di SLA ma non vuole morire: "Io non ho mai sentito dire a dei malati che hanno provato sulla loro pelle determinate situazioni: non voglio che mi sia fatto questo trattamento, voglio morire a tutti i costi". Secondo Melazzini, che in questo libro riflette sui pregiudizi del dualismo "sano/malato", siamo di fronte ad una società folle, che ha perso di vista la posta in gioco, il senso del vivere e del morire. Al fondo del dibattito sta il vero problema, la disabilità come nuova frontiera della giustizia: "Perché noi disabili non possiamo essere liberi di vivere? Perché le nostre città sono disseminate di barriere architettoniche? Questo dimostra che siamo di fatto siamo degli emarginati. La fragilità e la malattia diventano veicoli di isolamento sociale".


"Perchè questo libro? Per portare a riflettere su temi così detti eticamente sensibili, stimolare la cultura verso la fragilità, la vulnerabilità, la disabilità. Non si può infatti chiedere a nessuno di uccidere, di ucciderci. Una civiltà non si può costruire su un simile falso presupposto. Perchè l'amore vero non uccide e non chiede di morire. La vita è un dono e che dono: meravigliosa malattia inguaribile!" MARIO MELAZZINI